Le conoscenze attuali sull’apprendimento dei neonati e dei bambini e sullo sviluppo del cervello e delle sue funzioni hanno permesso alla ricerca, che è in continua evoluzione, di individuare almeno in parte il modo in cui l’autismo influisce su questi aspetti. Un dato che è emerso è che queste atipicità cerebrali conducono il neonato, il bambino autistico a portare la sua attenzione principalmente e spontaneamente su alcuni stimoli, piuttosto che su altri. Ma a differenza di quanto accade nello sviluppo tipico, gli stimoli a cui è data maggiore attenzione non sono quelli sociali: non è il volto, il movimento degli occhi, lo sguardo, il tono della voce, l’espressione del viso, ecc.
Cosa comporta questo? Il bambino esplora il mondo in un modo diverso, prestando spesso più attenzione agli oggetti o a parti di essi che attirano naturalmente la sua curiosità; il bambino dunque impara, a volte impara tantissimo di ciò che riguarda l’oggetto della sua attenzione, ma perde continuamente occasioni di apprendimento sociale, occasioni per imparare dalle altre persone.
Alla luce di questo, intervenire presto con le adeguate modalità non ha il senso di “aggiustare” qualcosa che non va o di non riconoscere il valore di un modo diverso di osservare, sentire, agire ma significa offrire maggiori possibilità, promuovendo lo sviluppo di quelle abilità fondamentali per imparare ad imparare (anche) dagli altri.